Alfonsianum Newsletter ANNO II (2015), AN008 – Roma, 11 giugno 2015
Giovanni Del Missier – Andrzej S. Wodka (a cura di)
L’immagine scelta per la copertina del volume è “Il pasto dei peccatori”, di Sieger Köder (1973), recentemente scomparso.
Basandosi su una Bildmeditation di P. Pius Kierchgessner, OFMCapp, ce la avvicina il coeditore,
il prof. Giovanni del Missier.
Ultima cena molto speciale
Attorno
al tavolo della cena pasquale non siedono i dodici compagni di Gesù
secondo una raffigurazione che ci è familiare, ma sette persone, tre
donne e quattro uomini. Cerchiamo invano tra di loro il Signore Gesù,
ma gli occhi dei compagni di tavola sono diretti verso di lui. Visibili
sono solo le sue mani. La sinistra invita, la destra tiene il pane. Sul
tavolo – come qualcosa di delicato e prezioso – è posto un vaso con una
rosa.
La comunità di Gesù è con
i peccatori, con gli outsider della società che cercano una risposta
alla domanda di salvezza e la felicità. In quei volti il desiderio è
rivolto verso uno che li rende liberi da vincoli interni ed esterni,
che infonde loro speranza, offrendo il suo amore attraversando il
disagio delle loro giornate.
Chi sono i compagni di Gesù?
Seguiamo
il giro da destra a sinistra. All’estrema destra, un africano del
“terzo del mondo”, con un braccio fasciato e insanguinato, ferito nella
lotta per il diritto alla vita della sua tribù. È un povero, uno ai
margini che potrebbe diventare violento per il mancato riconoscimento
della sua dignità a motivo del colore della sua pelle. È il volto
scorticato e torturato dei neri ghettizzati.
Segue
una signora di mondanità, di rango e di tradizione. In realtà, sembra
non voler avere niente a che fare con questa gentaglia dalle mani
sporche: lei non sa bene dove mettere le sue e sembra impacciata.
Poi
un intellettuale con gli occhiali e la barba, forse uno studente, forse
un indignato, uno che mette tutto in discussione, uno scettico e quindi
uno che procura fastidio.
A
capotavola un pagliaccio, un clown bianco, che dietro la propria
maschera nasconde tristezza e nostalgia (un particolare caro al
pittore, che ricorre in molti dei suoi quadri). È una persona che rende
sopportabile la realtà e la vita quotidiana con il gioco della propria
ironia, e tra risate e lacrime lascia intravvedere un riflesso della
nostra vita.
Alla sua destra
una donna vecchia e cieca, il volto della povertà e della disperazione,
avvolta in un panno scuro, con le mani appoggiate sul tavolo, una sopra
l’altra, è ricurva e in ascolto, perché non vede il padrone di casa.
Accanto
a lei, una prostituta, una delle tante migliaia (del settore
ambulatoriale di via Appia, lungo le strade che conducono verso “San
Pastore”, dove si trova il dipinto). Per loro l’amore si compra e si
vende, il corpo è il capitale e il business. La loro vita è senza una
casa, senza un luogo a cui appartenere.
All’estrema
sinistra, poi, un rabbino. Lo scialle di preghiera mostra la sua lealtà
verso la legge del Signore che non si arrende neppure nella sofferenza
più profonda, nella persecuzione e nell’odio. L’ebreo è ancora in
attesa del Messia, il Salvatore del mondo, che dà la giustizia nel
rispetto della legge. Il suo volto ricorda le facce delle terribili
immagini dei campi di concentramento.
Un bell’esempio della nostra società
Con
facce vuote, con gli occhi vuoti – occhi che sono assetati di un uomo
che dia loro fiducia, che li accetti così come sono, senza chiedere chi
sono, da dove vengano, senza indicare ciò che dovrebbe essere bene per
loro. Occhi, che implorano di farsi conoscere oltre l’apparenza, nella
propria miseria, disperazione e solitudine: «Vedete il nostro cuore
bruciato?». Occhi che possono trovare risposta in Colui che siede con
loro a un tavolo, con Colui che parla di amore e lo comunica, senza
scandalizzarsi di chi vive nella realtà dolorosa con reputazioni
sgradevoli.
Un posto per me?
L’ultimo
posto alla tavola dei peccatori è una sfida. Quando mi siedo come
Cristo, fratello tra fratelli e sorelle, non posso giocare a fare il
signore feudale, benevolo con condiscendenza. Né è sufficiente che io
sia il leader di un gruppo religioso intento a compiere una cerimonia…
Invece è essenziale che io condivida e voglia partecipare, non solo al
pane e al vino, ma anche al destino degli altri, alla loro
disperazione, alle loro preoccupazioni, alle loro sofferenze, al loro
diritto alla riconciliazione e alla protezione.
Partecipare
può essere possibile solo se rompo le barriere di cui noi tutti siamo
circondati: tabù sociali, mancanza di comprensione, arroganza,
bigottismo, egoismo, indifferenza e apatia, senza aver paura della
fatica che comporta l’impegno a combattere la miseria a fianco di chi è
scomodo e marginale.
Simbolo
dell’amore che trascende i confini è la piccola rosa, collocata in uno
dei vasi di vetro che si è soliti riempire di vino durante i pasti in
Italia. La rosa è tra il Signore e il clown come una delicata intesa
tra i due, che sanno soffrire di persona, per amore dell’altro.
Presentazione di P. Enrique Lopez, C.Ss.R.
Per l’acquisto del volume presso L’EDACALF
basta rivolgersi a segreteria.economato@alfonsiana.org